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24 settembre, 2007

Doppione

Vincent Van Gogh (30 marzo 1852 – settembre 1852)
Vincent Van Gogh (30 marzo 1853 – 29 luglio 1890) - pittore
(figli di Theodorus Van Gogh (1822-1885))
"Nel febbraio 1890, in occasione della nascita del figlio di Theo e Jo Van Gogh al quale viene dato il suo nome, Vincent dipinge un quadro per il suo piccolo omonimo: "Una grande tela azzurro cielo (...) sulla quale si stagliano dei rami in fiore"

Theo Van Gogh (23 luglio 1957- 2 novembre 2004) - regista
(il suo bisnonno era il mercante d'arte Theo Van Gogh(1857-1890),fratello di Vincent Van Gogh.)
Il Perturbante:

“Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da tempo. Un elemento rimosso ma che ci era da sempre familiare.” (Sigmund Freud)

La massima è l’espressione di una vita dopo la morte attraverso il ritratto si esprime la magica speranza sul tempo. Qualunque somiglianza è una specie di segno di uguaglianza. I ritratti godono di un’importanza speciale nell’identificazione di una persona, e sono il risultato di una percezione determinata dall’emozione.

Il ritratto è una costruzione estetica con un obbiettivo psicologizzante, un’immagine che non differisce da un doppione, un riflesso, che è in verità un’assenza. La caratteristica essenziale dell’immagine è una sorta di forma dell’oggetto essere assente nella sua propria presenza. E’ ovviamente il reciproco: essere presente nella propria assenza. L’immagine sarebbe, perciò, una presenza-assenza.

Il doppione è un’immagine fondamentale dell’uomo, e concentra in sé il desiderio dell’immortalità. Il doppione è l’immagine riconosciuta nel riflesso o nell’ombra, nell’allucinazione, e nelle rappresentazioni dipinte e/o scolpite; è la difesa del narcisismo contro l’estinzione, è una sicurezza contro la distruzione dell’ego, una negazione della morte. L‘invenzione dell’anima immortale (che assicura la continuità dell’Io oltre il corpo) è la prima invenzione di un doppione, che può sopportare il peso della nostra angoscia provocata dalla morte. La contemplazione dell’immagine di sé stessi è inassociabile alla paura persecutrice di essere confrontati con l’invecchiamento. Il culto del doppione permette una divisione del soggetto che lo sottrae dall’angoscia della morte associata al narcisismo.

Il perturbamento del doppione deriva dal fatto che la sua creazione proviene dallo stadio mentale primitivo, stadio in cui non si distingue nitidamente l’Io dal mondo esterno. Per questo la sensazione disordinante evoca la mancanza di protezione sperimentata nello stato onirico (residuo dell’attività mentale animista e onnipotente). Con la superazione del narcisismo, il doppione inverte la sua funzione, che è una garanzia d’immortalità, e adesso appare come uno strano annunciatore della morte. La duplicazione di sé stesso nasce come supporto di un Io frammentato, svuotato, ucciso dalla propria aggressività. I nuovi cammini della polimorfia della distruttività interna mettono in scena i timori moderni di mancanza di controllo esistenziale e d’invecchiamento. Lo scenario artistico permette un decentramento di sé stesso, un movimento di uscita cercando di risolvere una divisione interna.

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